domenica 5 maggio 2013

L'orizzonte democratico

Il mancato successo elettorale della coalizione Italia Bene Comune e le dissennate scelte della classe dirigente del Partito Democratico nella fase post elettorale hanno messo in crisi partito. Ne hanno danneggiato le idee fondanti. Quella di un grande partito a vocazione maggioritaria nel campo del Centrosinistra e capace di superare gli schemi del '900. Quella di andare oltre la fusione di due partiti e capace di attrarre pezzi di società.
Ma per fare questo c'era bisogno di una nuova classe dirigente. Non possiamo chiedere ad un anziano, anche se ci possono essere delle eccezioni, di spiegarci le innovazioni tecnologiche di internet. Così non possiamo chiedere alla classe dirigente che ha vissuto a cavallo della caduta del muro di Berlino di guidare il partito nel terzo millennio.
La frattura più profonda non è tanto ideologica o, a dir meglio, ideale. La frattura è generazionale. La nuova generazione di leader politici del PD, quelli usciti dalle primarie per intenderci, pur con valutazioni diverse pongono due temi assolutamente condivisibili e comuni:
1) Aprire il partito alla società facendo entrare quanto di buono e nuovo vi è presente. Un flusso che inondi il partito senza protezioni corporative. Che lo contamini veramente. Con dinamiche automatiche di rinnovamento. Che continui ad utilizzare le primarie come strumento di selezione della classe dirigente. Che questo, però, non significhi trasformismo. Personalmente vedo, come penso tutti, il passaggio di singoli soggetti da uno schieramento all'altro a seconda del vento. Bisogna mettere un freno a queste dinamiche.
2) Il senso di appartenenza. Un sentimento antico e poco di moda nell'epoca del trasformismo. Nell'epoca di chi fonda un nuovo soggetto politico ogni qualvolta c'è un dissenso. Tutti parlano di cambiare il Partito Democratico senza fondare un nuovo soggetto. Anche quando lo scontro è duro. Anche quando a confrontarsi sono idee anche profondamente diverse.

Temo, però, che il lavoro sarà molto più duro del previsto. L'azione restauratrice della classe dirigente degli "ex", quelli che intendono chiudere il partito in questa fase, quelli che vogliono mettere da parte lo strumento delle primarie, rischia di svuotare il partito dai suoi elettori.
Per questo non si potrà fare nessun passo indietro e sarà necessaria la massima partecipazione possibile. Chi strappa o brucia la tessera e abbandona il partito ha già perso. 

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