martedì 13 agosto 2013

Il diritto all'informazione

L'articolo 21 della nostra Costituzione recita testualmente che: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Non si può essere soggetti ad autorizzazioni o censure". Il tema del diritto all'informazione è divenuto, a mio avviso, fortemente di attualità per la questione che ha visto protagonista il presidente della seconda sezione della Corte suprema di Cassazione, Antonio Esposito. Costui, fino a qualche settimana fa un illustre sconosciuto, ha avuto la "colpa" di confermare la condanna del senatore Silvio Berlusconi nel processo cosiddetto "Mediaset". Un processo che vedeva Silvio B. imputato, poi condannato con sentenza definitiva, per aver "utilizzato un sistema di false fatturazioni finalizzato alla costituzione di fondi neri per la società Mediaset". 
Il 1° Agosto scorso il giudice Esposito pronuncia la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi confermando quanto disposto dalla Corte d'Appello del Tribunale di Milano. Subito dopo la sentenza inizia la campagna di stampa de "Il Giornale", quotidiano nazionale di proprietà della famiglia Berlusconi, che, secondo dati del 2012, è al 12° posto tra i giornali più letti in Italia con una tiratura media 220.386 copie. 
Il 3 Agosto viene pubblicato, sul quotidiano della famiglia Berlusconi, un articolo, a firma di Stefano Lorenzetto (http://www.ilgiornale.it/news/interni/940829.html), intitolato "Così infangava Berlusconi il giudice che l'ha condannato - Antonio Esposito parlò di presunte gare erotiche del premier con due deputate del Pdl. E anticipò la condanna di Vanna Marchi che emise due giorni dopo", nel quale si illustrano le affermazione che il giudice Esposito avrebbe rilasciato, in situazioni conviviali, alle persone presenti ad una cena, tra cui il giornalista autore dell'articolo.
Il 6 agosto esce l'intervista de "Il Mattino" al giudice Esposito (http://www.ilmattino.it/primopiano/politica/condanna_berlusconi_intervista_esclusiva_giudice_esposito/notizie/312467.shtml) nella quale pronuncia la frase ("Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva. Non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere, perché Tizio, Caio o Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po’ diverso dal non poteva non sapere") che scatena il putiferioIntanto si moltiplicano gli articoli de "Il Giornale" sulla vita, sulla carriera e sui doppi incarichi del giudice Esposito.
Ora la questione che mi pongo è molto semplice. E' mai possibile che il quotidiano della famiglia Berlusconi faccia solo e sempre campagne di stampa nei confronti di chi "tocca" in qualche modo Silvio Berlusconi? Sarà sicuramente un caso, ma bisogna ammettere che è veramente strano!
Il giudice Esposito, che avrà certamente qualche difetto o commesso qualche impudenza nella sua vita, che so, una multa per divieto di sosta, un parcheggio non pagato, è solo l'ultimo di una lunga serie di personaggi che avevano la doppia caratteristica di essere oggetto di inchiesta giornalistica da parte de "Il Giornale" ed essere protagonisti di un confronto politico, giornalistico o giudiziario con Silvio Berlusconi.
Il 28 agosto 2009, "Il Giornale", a seguito delle critiche rivolte da Dino Boffo, in qualità di direttore di "Avvenire", al Presidente del Consiglio Berlusconi, pubblica un certificato del casellario giudiziale da cui risulta una condanna di Boffo per molestie e un documento (presentato come un'informativa della polizia) che diffonde la voce sulla presunta omosessualità dello stesso Boffo. Questa voce, attribuita al Tribunale di Terni, viene però smentita dal GIP di Terni. Il 4 dicembre 2009 il direttore de "Il Giornale, Vittorio Feltri, deve pubblicamente ritrattare con un articolo pubblicato sul medesimo quotidiano. Il 26 marzo 2010 il Consiglio dell'Ordine dei giornalisti di Milano sospende per sei mesi Feltri dall'albo dei giornalisti per le false accuse a Boffo.
Il 3 ottobre 2009 viene emessa la sentenza di primo grado per il "Lodo Mondadori". La Fininvest di Berlusconi deve risarcire 749.995.611,93 di euro alla CIR di De Benedetti per "danno patrimoniale da perdita di opportunità di un giudizio imparziale". A pronunciare la sentenza è il giudice Raimondo Mesiano. Per questa ragione sarà "inseguito" dalle telecamere di “Mattino 5″, programma della prima rete Mediaset, per [di]mostrare la sua eccentricità reo di indossare calzini azzurri e mocassini bianchi (proprio così!). Per questo servizio Claudio Brachino, direttore responsabile della testata giornalistica del gruppo Mediaset Videonews, è stato sospeso dall’ordine dei giornalisti per 60 giorni. Anche "Il Giornale" per due giorni consecutivi dedica la prima pagina a Mesiano.
Nell'agosto 2010, dopo la nascita del gruppo Futuro e Libertà e la crescita del dissenso nei confronti della linea di Berlusconi nel PdL, Gianfranco Fini è al centro di un'aspra campagna di stampa, capeggiata proprio dai quotidiani "Il Giornale", "Libero" e dal settimanale "Panorama". Oggetto della campagna è un alloggio di 45 m² a Monte Carlo lasciato in eredità dalla contessa Anna Maria Colleoni ad Alleanza Nazionale nel 1999. Tale alloggio, venduto dal partito nel 2008 ad una società off shore dell'isola Santa Lucia, per la cifra di euro 300.000, risultava affittato con regolare contratto all'imprenditore immobiliare Giancarlo Tulliani, fratello minore della compagna del Presidente Fini. Il 30 luglio viene presentata una denuncia da Storace e la Procura di Roma apre un fascicolo sulla vicenda, quale atto dovuto: l'indagine è contro ignoti. Il 26 ottobre 2010 la Procura di Roma annuncia che non risulta esserci nessuna frode nell'affare, e chiede l'archiviazione delle indagini su Gianfranco Fini. Il 27 gennaio 2011 il ministro degli Esteri Franco Frattini, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare, si pronuncia in Senato in merito ad alcuni documenti arrivati alla Farnesina dall'isola caraibica di Santa Lucia dicendo che «il primo ministro di Santa Lucia gli avrebbe certificato l'autenticità del documento» che testimonierebbe come Giancarlo Tulliani sarebbe il proprietario di una società che deterrebbe il bene, ma forti dubbi sono emersi successivamente sull'autenticità di questo documento caraibico, anche in relazione al particolare attivismo intorno a tutta la vicenda del faccendiere Valter Lavitola, legato proprio a Silvio Berlusconi. In seguito la Procura dichiarerà che il contenuto della carta proveniente da Santa Lucia appare del tutto irrilevante ai fini delle indagini, confermando quindi la richiesta di archiviazione. La richiesta fu accolta dal presidente dei Gip del Tribunale di Roma che ne dispose l'archiviazione.
Soprassediamo dal citare gli articoli che "Il Giornale" dedicato ad Ilda Boccassini perché questo post diventerebbe un romanzo.
A questo punto mi sorge qualche dubbio.
E' applicabile in questi casi il diritto d'informazione?
La possiamo definire informazione? 

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