domenica 7 aprile 2013

La solitudine dei numeri primi


Il Partito democratico è stato in grado, per l’ennesima volta in questi ultimi 20 anni, è stato capace di riportare Berlusconi al centro della discussione politica italiana. Ha governato sostanzialmente, direttamente o indirettamente (ad esempio nell'ultimo anno e mezzo di Monti era comunque di maggioranza relativa in Parlamento), negli ultimi 12 anni per 10 anni. Ha portato l'Italia nella condizione attuale. Molti dei sui elettori (circa 6 milioni) lo hanno abbandonato per molteplici ragioni. Era, come si evince facilmente, finito ed abbandonato da buona parte del suo elettorato. 
Anche le prime mosse della nuova legislatura lo avevano isolato. Le candidature di Boldrini e soprattutto Grasso (contrastata dalla candidatura Schifani) alle presidenze delle Camere lo avevano ancora più marginalizzato. Una netta contrapposizione tra visoni del mondo e della società italiana, illuminate dalla contrapposizione al Senato. 
Un modello direi vincente. Non doveva essere abbandonato. Invece, è stato abbandonato per l’incarico di formare il governo. Bersani, assolutamente legittimato dal risultato delle primarie e persona degnissima (dal mio punto di vista), avrebbe potuto lasciare ad un uomo d'area, facendo un passo affianco e guidando il partito fino al nuovo congresso. Un atto di grande generosità. Un atto che lo avrebbe posizionato tra i padri nobili del Partito Democratico. Molti commentatori e politici illuminati lo avevano invitato ad un atto di coraggio. Lui, invece, ha scelto di forzare ed andare a discutere con il M5S proponendo la sua figura. Era facilmente prevedibile l'esito leggendo con quanti epiteti si erano prodigati a dipingere Bersani i leaders e gli attivisti del M5S.
Questa posizione mantenuta con cocciutaggine (anche se Bersani lo nega) ha portato allo stallo politico attuale. In questo contesto sono usciti allo scoperto quelli che nel PD, pur di restare in sella, sono disposti all'alleanza mortale con Berlusconi. Siamo al “Mors tua vita mea!”. La vita di questa classe dirigente del partito al prezzo della morte del PD.
C’è ancora tempo per cambiare il registro. Far lavorare il Parlamento. Alla Camera la coalizione "Italia Bene Comune" ha la maggioranza assoluta e potrebbe approvare qualunque riforma. Al Senato, invece, sui temi sia Scelta Civica che il Movimento 5 Stelle, in particolare, dovranno mettere a nudo le proprie posizioni approvando o bocciando le proposte di cui agli 8 punti di Bersani. Spostiamo la discussione dai nomi alle questioni. Si potrebbero creare anche le condizioni per un governo del cambiamento la cui guida, però, non potrà essere Bersani. Infatti, il tempo e l’immobilismo sta logorando dall'interno il Movimento 5 Stelle. Dopo l’elezione del Presidente della Repubblica si potrebbero creare le condizioni per proporre un nome condivisibile per la guida del governo all'interno del quale possano trovare ospitalità personalità di area. Questa è anche la posizione di alcuni illuminati parlamentari del PD, Civati in testa.
Si pongono ora due questioni cruciali per il futuro dell'Italia e del Partito Democratico:
1) Per l’elezione della Presidenza delle Repubblica bisogna avere coraggio. Ci vuole un nome che riconcili il Parlamento, la Politica ed il Paese. Nessun accordo al ribasso. Neanche bassi calcoli politici di bottega. Sarebbe l’ennesimo disastro della classe dirigente del PD. Ho sentito nomi di ex DC/PPI che acuirebbero il distacco tra paese reale e politica. Ho sentito di consensi in parlamento attorno al nome di Emma Bonino. Sarebbe certamente un ottimo nome. Ma ci sono anche altre personalità dotate di grande esperienza ed equilibrio come Zagrebelsky, Rodotà e Onida. Ma non nascondo che personalmente vedrei con molto piacere il nome di Prodi. Questo dovrebbe avvenire solo se ci fosse il consenso anche di Scelta Civica e del Movimento 5 Stelle. Sarebbe un segnale importante. Un nome per andare oltre.
2) la guida del partito e la candidatura a Premier. Non nascondo la mia preferenza per la premiership di Renzi. E’ l’unico che, oggi, nell'ambito del Partito Democratico ha una riconoscibilità ed un consenso che travalica l’elettorato tradizionalmente di centrosinistra. Se il Partito Democratico si candida a divenire un grande partito di massa che, sul modello delle grandi democrazie occidentali con sistemi elettorali maggioritari, deve contenere diverse sensibilità, deve aprirsi alla società italiana. Deve superare gli schemi del ’900 ed interpretare i cambiamenti intervenuti nel tessuto sociale del nostro paese. L’unico che, oggi, può farlo è Matteo Renzi. Allo stesso tempo ritengo che il Partito debba essere guidato da un’altra persona. Tanto più se fosse un governo di coalizione. C'è bisogno di un Partito Democratico con voce autonoma rispetto al governo. Per questo vedo Civati che, nello spirito delle prima Leopolda, recuperi il rapporto con il mondo di Matteo Renzi e guidi il partito verso la sua reale dimensione.
E’ un sogno? Ci vorrebbe poco per realizzarlo.

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