sabato 20 aprile 2013

La lettera che Stefano Rodotà non leggerà mai

Caro Presidente,
per me è il Presidente del Partito Democratico della Sinistra al quale, da giovanissimo, mi avvicinai anche grazie alla sua personalità.
Con rispetto e gratitudine per il ruolo avuto nella mia formazione politica le scrivo questa lettera pur non sapendo se potrà mai leggerla. 
Le scrivo per dirle che questa volta non l'ho compresa e non mi è piaciuto.
Si è prestato ad un'operazione di scardinamento del Partito Democratico. Un'operazione finalizzata ad accentuare le difficoltà tutte interne al Partito al quale, penso di non sbagliare, si sente, come me, più vicino o meno lontano. 
Si è prestato al tentativo, come ben scriveva lei qualche mese fa, di distruggere la democrazia rappresentativa partendo dal partito con il più alto tasso di democrazia interna.
Nel luglio del 2012, in un'intervista alla rivista Left-Avvenimenti, diceva: 
"Grillo è figlio di tutto quello che non è stato fatto: la perdita di attenzione per le persone, la corruzione, la chiusura oligarchica. Gli ultimi due Parlamenti li avranno scelti al massimo 20 persone. In questo clima, ci dobbiamo aspettare fenomeni alla Grillo. Anzi, può darsi che ne vengano fuori altri, anche più pericolosi. Il fatto è che il populismo berlusconiano non è stato letto con la dovuta attenzione critica dalla sinistra. Ricordo bene cosa si diceva dopo la vittoria del 1994: Berlusconi ha fatto sognare, noi no. Altan, il più grande commentatore politico che ci sia in questo momento, ha disegnato uno dei suoi personaggi che diceva: «Non fatemi sognare, svegliatemi». La sinistra non è stata capace di andare alla radice culturale e politica del populismo berlusconiano. Quella deriva aveva un precedente negli anni del craxismo. Comincia allora la rottura, la corruzione giustificata, esibita, il disprezzo per la politica e per «gli intellettuali dei miei stivali». Anche oggi vedo grandi pericoli. Il fatto che Grillo dica che sarà cancellata la democrazia rappresentativa perché si farà tutto in Rete, rischia di dare ragione a coloro che dicono che la democrazia elettronica è la forma del populismo del terzo millennio. Queste tecnologie vanno utilizzate in altri modi: l’abbiamo visto con la campagna elettorale di Obama e nelle primavere arabe. Poi si scopre che Grillo al Nord dice non diamo la cittadinanza agli immigrati, al Sud che la mafia è meglio del ceto politico, allora vediamo che il tessuto di questi movimenti è estremamente pericoloso. E rischia di congiungersi con quello che c’è in giro nell’Europa. A cominciare dal terribile populismo ungherese al quale la Ue non ha reagito adeguatamente".
E allora mi chiedo se le pensa ancora queste cose? Non è stato selezionato proprio mediante quella "democrazia elettronica" che "è la forma del populismo del terzo millennio" oggetto della sua critica? Allora lo strumento è buono oppure no a seconda del risultato?
Quella democrazia elettronica, senza filtri e in questo caso anche senza numeri (non si conosce il numero di partecipanti e l'entità del consenso di ciascuna candidatura), potrebbe designare, invece di Rodotà, persona degnissima, un personaggio  come, ad esempio, Totò Riina. Secondo quel principio fantomatico di selezione del web professato dal Movimento 5 Stelle i cittadini parlamentari dovrebbero sostenere qualunque candidato individuato senza alcuna possibilità di sindacatura.
E allora le chiedo perché?
Perché non si è proposto come legante tra quel mondo che l'ha scelta e quel mondo cui appartiene o è vicino?
Non mi risponda che si attendeva una telefonata dai dirigenti del Partito. Sa meglio di me che la sua scelta era divisiva per il PD, come tra l'altro, si è dimostrato, qualunque altra. Poteva costruire un punto di dialogo su una figura, anche se diversa dalla sua, proprio nel senso delle parole del luglio 2012. Temo, invece, che abbia giocato, come tanti, solo una partita personale, fino ad ora estranea alla sua storia pubblica.
Con questo non le do alcuna responsabilità per le divisioni tutte interne al Partito Democratico. Divisioni che hanno radici profonde e legate più ad acredini personali piuttosto che a differenze culturali. Temo, però, sia diventato la testa d'ariete del Movimento 5 Stelle per disarticolare l'unico vero partito democratico (al di là del nome) che esiste oggi in Italia.
Per queste ragioni potrà pur diventare il Presidente della Repubblica Italiana ma non sarà mai più il mio Presidente.
La ringrazio pur non sapendo se avrà mai la possibilità di leggere queste righe. 
Le righe di un estimatore sincero ma deluso profondamente dalla sua posizione.
Cordialmente
Valentino Ferrara

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