giovedì 11 aprile 2013

La visione ed il sogno

Sono trascorsi appena sei anni dal 23 maggio 2007 quando, con la nomina del Comitato promotore, si diede vita al processo costituente del PD conclusosi con il suo primo congresso in data 14 ottobre 2007. Eppure quel processo, frutto della visione di alcuni, sogno per tanti elettori del "Centrosinistra senza trattino", sta dando i primi segnali di crisi.
E' una crisi più dei gruppi dirigenti, legati a divisioni tra ex Margherita ed ed DS, che della base elettorale. Il confronto/scontro delle primarie del 2012 tra Bersani e Renzi ha sancito, a mio avviso, l'imbocco di una strada senza ritorno. Le due proposte, al di là di quello che si può pensare, hanno, paradossalmente, rappresentato il momento di massimo superamento delle due identità d'origine. Sia Bersani che Renzi hanno unito, ciascuno per la propria parte, le due anime originarie. Il consenso di Bersani, così come quello di Renzi, hanno raggiunto una trasversalità che mai, prima di allora, si era avuta. Ancora nelle fasi congressuali dell'ottobre 2009, Bersani e Franceschini, i due principali competitori per la guida del partito, rappresentavano due anime del partito che si confrontavano e "si contavano" per la definizione dei posti chiave.
Nel 2012, invece, l'intera classe dirigente del PD, costituita dai notabili provenienti sia dai DS che dalla Margherita, si è unita nel sostegno della candidatura di Bersani. Una straordinaria trasversalità che ha unito tutte le anime del PD. Lo stesso, in realtà, è accaduto per quanti hanno votato per Renzi. In questo caso, invece, è stata la base elettorale a "mischiarsi" nel sostenere la candidatura del sindaco di Firenze.
Il confronto-scontro, il "noi e loro" di cui parlava Renzi, questa volta non era riferito a Ds e Margherita. Era il tentativo di superare il blocco al ricambio di classe dirigente. Un blocco che superasse anche il meccanismo del rinnovamento per cooptazione. Accanto a questa richiesta di rinnovamento vi è anche una nuova proposta di inclusione sociale, un tentativo di superamento delle categorie del '900 e l'offerta di nuove soluzioni di "sinistra" ai problemi della società italiana.
Alcuni tra i sostenitori di Renzi hanno invitato il sindaco di Firenze a rompere gli indugi e ad uscire dal PD per creare un nuovo soggetto alternativo. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stata la mancata designazione di Renzi come Grande Elettore della Regione Toscana. Onestamente la mancata nomina non è un caso straordinario, tanto meno tale da far discendere una scissione del PD. Ritengo, invero, che sarebbe stata un'opportunità per il Partito Democratico. Un chiaro segnale di unità. Invece, lo ammetto, si è persa un'occasione e si è dato l'ennesimo segnale di chiusura. Tanto più che sembra la proposta sia giunta a Renzi dai leader regionali del PD piuttosto che conseguenza di una sua specifica richiesta. Un segnale mancato. Peccato, ma nessun dramma. Lo stesso Renzi, amareggiato per la fantomatica "telefonata da Roma", non ne ha fatto un dramma.
Ecco, posso affermare che ho votato per Matteo Renzi alle ultime primarie, come me tantissimi elettori del PD (comunque meno di quelli che democraticamente hanno scelto Bersani), proprio perché ha fatto la sua battaglia chiara, decisa, di alternativa anche radicale ma lealmente incardinata nel progetto del Partito Democratico. Una scelta avvalorata da quanto è accaduto dopo le primarie. Il discorso di "ringraziamento" conseguente alla sconfitta. Un discorso pronunciato mentre era ancora in corso lo spoglio in cui vi è l'immediata accettazione dell'esito delle primarie e ciò senza alcuna polemica. E vi assicuro che, per chi ha visto la macchina delle primarie in azione, l'affluenza ed i numeri in alcuni seggi, qualche polemica la si poteva fare. 
La sua posizione durante la formazione delle liste per il parlamento come dimostrato dalle critiche di disinteresse venutegli da alcuni dei suoi sostenitori. La lealtà dimostrata durante la campagna elettorale. Le dichiarazioni che si sono succedute dopo la sconfitta alle primarie e la stigmatizzazione di quei suoi sostenitori che hanno scelto di uscire dal PD e continuare la loro battaglia da fuori. Famosa la frase critica su quelli che "portano via il pallone".
Queste posizioni sono state e sono la sua forza. Non ci sono possibilità fuori dal Partito Democratico. Gran parte di quelli che lealmente lo hanno votato durante le primarie non lo sosterrebbero. A partire da me. Ma anche quelli che oggi, fuori dal PD, lo vedono come riferimento, ne resterebbero delusi.
L'appartenenza al Partito Democratico per un leader come Matteo Renzi, uno che si candida ad essere il primo della terza repubblica non l'ultimo della seconda, deve essere una scelta di fondo, non di convenienza.

1 commento:

  1. Condivisibile; il problema è che si vuole ritornare alla situazione pre-primarie, io credo. Penso che sarà necessaria una grande mobilitazione per il congresso.

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