mercoledì 24 aprile 2013

Il disastro più disastroso

Fra poco tutti noi, che abbiamo votato il Partito Democratico come alternativo al Popolo delle Libertà, ci troveremo catapultati nel "governissimo" politico.
Siamo partiti dal governo Monti, sostenuto da PD-PDL-UDC, e arriviamo ad un governo Letta, sostenuto da PD-PDL-LC. Le uniche novità, in sostanza, sono la presenza di Lista Civica, ovvero la tramutazione politica della parte tecnica di quel governo, e la presenza di ministri politici dei due principali partiti.
E' il gioco dell'oca. C'è, però, una differenza sostanziale. Il governo Monti nasceva dal fallimento del Centrodestra berlusconiano, dopo tre anni e mezzo di governo, mentre il nuovo governo nasce dal fallimento del Centrosinistra bersaniano, senza un giorno di governo. 
In poche parole un disastro!
Ma il "disastro più disastroso" è l'esserci arrivati dopo 60 giorni dalle elezioni, quando l'esito cui si è giunti era ineluttabile fin dall'inizio, a meno che non si preferissero le elezioni.
Le ragioni di quello che è accaduto, sarò ripetitivo, sono da ricercarsi nell'esito delle elezioni primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra. La vittoria di Bersani, infatti, nasceva dal "patto di sindacato" della classe dirigente dei due partiti dal cui scioglimento è nato il PD. Con le parlamentarie, che hanno avuto un limite oggettivo dettato dallo scarso tempo disponibile per organizzarle, si è cercato di ridurre il tasso di conservazione del partito. Questo, in realtà, ha acuito la distanza tra la vecchia dirigenza, con i suoi nominati, e le nuove leve provenienti dalle parlamentarie e, pertanto, con un maggiore contatto con la base. Questa distanza, in realtà, è la conseguenza di una legge elettorale che, dal 2006, non richiede più il legame, la sintonia necessaria tra l'eletto e l'elettore
Tralasciando la gestione della campagna elettorale, che ha vissuto l'esplosione nelle urne delle istanze di cambiamento di cui è stato portatore Renzi alle primarie, si è sbagliata la gestione della fase post-elettorale.
La prima mossa fatta dal centrosinistra, l'elezione dei presidenti delle due camere, è stata straordinariamente positiva. Proporre Laura Boldrini e Piero Grasso, alla loro prima esperienza parlamentare e con storie personali di impegno civile e sociale, ha rappresentato l'indubbio successo di una strategia. Ha messo in crisi l'unità del Movimento 5 Stelle al Senato ed ha parlato ai propri elettori, presenti e passati, fuori dal Parlamento.
Visto il dato elettorale e la sua proiezione parlamentare al Senato, se la strategia, nel senso alto del termine, era quella di perseguire la strada del cambiamento e del rinnovamento bisognava chiedere al Presidente della Repubblica la designazione di un Presidente del Consiglio che non poteva essere Bersani. Proprio per ripercorrere le orme delle scelte Boldrini e Grasso. Proprio per parlare a quel mondo cui ci si era riferiti con quelle scelte.
Si è insistito, invece, affinché destinatario dell'incarico di formare il nuovo governo fosse il segretario del PD, quand'anche legittimato da elezioni primarie, che non aveva però condotto la coalizione Italia Bene Comune ad avere la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. E che, tra l'altro, veniva percepito come elemento di conservazione in contrasto con le richieste di rinnovamento provenienti dalla urne. A mio avviso ingiustamente, anche se nelle primarie si è proposto come elemento di continuità nel partito in contrasto con l'elemento di rinnovamento costituito da Renzi.
Una volta incaricato, Bersani ha perorato la causa del governo del cambiamento chiarendo, a chiare lettere, che non vi erano alternative. Nessuna possibilità di accordo con il Popolo delle Libertà poteva esserci per la formazione del governo. Spiegando chiaramente ed in maniera condivisibile le ragioni dell'impossibilità di perseguire la ricerca di una base parlamentare che contenesse organicamente il Popolo delle Libertà.
Questa strada, com'è oramai ovvio, non solo è fallita ma non ha ingenerato nessun profondo dibattito nel Movimento 5 Stelle, come invece era accaduto con la candidatura di Grasso al Senato. E' anche vero che Bersani non ha avuto la possibilità di portare in Parlamento la sua proposta per il fatto che il Presidente della Repubblica, nella fase terminale del suo mandato, non ha voluto rischiare quella che, oggettivamente, appariva come una forzatura.
Anche dopo la nomina dei saggi e "l'assorbimento" del suo incarico, Bersani ha continuato ad esprimere la propria contrarietà al governissimo come dal giorno successivo alle elezioni. In poche parole, il Partito di riferimento di una parte degli italiani, votato sulla base di alcune idee e sulla siderale distanza dai fallimenti del governo del Centrodestra, si è proposto ed ha "convinto" la propria base elettorale, i propri iscritti, i propri parlamentari a perseguire un percorso chiaro e alternativo al governissimo.
Ci si attendeva la stessa determinazione per la scelta del Presidente della Repubblica. Si  è proposta, invece, una rosa di nomi che andava in una direzione diametralmente opposta a quello cui fino ad allora si era andati. Ne ho parlato ampiamente nel post http://pensierilibdem.blogspot.it/2013/04/un-presidente-per-litalia.html.
Si arriva, in questo cambio di rotta radicale, alla scelta di Marini. Una scelta verso il governissimo. Lo dimostra quello che ha detto lo stesso Marini dalla Annunziata su Rai3 domenica scorsa. Questi, candidamente, ha dichiarato che la strada che lui, da Presidente della Repubblica, avrebbe intrapresa era quella dell'impegno diretto delle singole forze politiche, quand'anche elettoralmente alternative, nel governo.
A quel punto era ovvio che tutto quel mondo che aveva seguito Bersani nel ragionamento del cambiamento si è sentito tradito ed ha reagito. A questo si aggiungano alcune vecchie ruggini riesplose tra gli ex DS e gli ex Margherita. 
Il nome di Prodi, invece, ha rappresentato il tentativo di tornare sui propri passi. Di tornare al messaggio di contrapposizione col Centrodestra. Ma, come dimostrano i fatti, quelli che si erano avviati sulla strada del governissimo e che avevano partorito la rosa dei nomi per la Presidenza della Repubblica, hanno reagito impallinando la candidatura di Prodi.
Tornando alla premessa, il Partito Democratico imboccherà, costretto, l'unica strada che era chiaro dovesse imboccare fin dall'inizio se voleva dare un governo all'Italia. Con la differenza che dicevo, il "disastro più disastroso", farlo ora con partito distrutto e con un elettorato lacerato. Se fin dall'inizio si fosse spiegato chiaramente che non c'erano alternative, o il voto o il governissimo, ci saremmo risparmiati la distruzione del partito. A mio avviso, nelle condizioni iniziali, l'unica strada sensata da intraprendere era quella del voto. Anche con questa legge elettorale oppure, approfittando del semestre bianco di Napolitano, far funzionare da subito il parlamento per modificarla. 
Lo dico chiaramente. Sento fortissimo il disgusto per la prospettiva del govenissimo con il PDL. Ritrovarmi, tanto per fare qualche nome, con la Gelmini all'Istruzione piuttosto che con Alfano alla Giustizia piuttosto che con Quagliariello alle Riforme Istituzionali, è per me subire una violenza inaudita. Ma, ovviamente, in questo momento, è l'unica strada possibile. Una larghissima parte della popolazione italiana chiede un governo. Chi produce chiede un governo. Chi lavora chiede un governo. Chi non lavora chiede un governo. Gli esodati chiedono un governo. Le famiglie chiedono un governo. I mercati chiedono un governo. Temo, però, che un governo con una maggioranza così variegata non sarà in grado di dare risposte pienamente adeguate alle vere esigenze dell'Italia. Ciò non di meno, questo tempo consentirebbe al Partito Democratico di avere la possibilità di decidere definitivamente il proprio orizzonte. Ricostruire un partito dal basso attraverso un ricambio generazionale e culturale profondissimo. 
Per questo sarebbe opportuno evitare un congresso a brevissima scadenza. Infatti, per Statuto si cristallizzerebbe la platea degli iscritti al momento della convocazione. Questo a meno che non si consenta ad associazioni, comitati e personalità di area di aderirvi nel tempo intercorrente tra la convocazione ed il congresso. Ecco, per questa ragione rilancio l'idea dei "Comitati per il Nuovo Partito Democratico" sullo schema dei "Comitati per l'Ulivo". Per questo, molto modestamente, ho creato l'indirizzo e-mail costruiamoilnuovopd@gmail.com al quale inviare idee e disponibilità.
Inviatemi le vostre idee. Costruiamo la rete reale. Nel mio piccolo farò circolare tra tutti le idee che arriveranno. Per questo spero che nessuno abbandoni il Partito in questo momento. Soprattutto nessuno di quelli delle nuova generazione. Dobbiamo ripartire insieme e da qui.

2 commenti:

  1. La tua analisi probabilmente è corretta. Io credo però che, nel momento in cui avvenivano, le cose non potessero andare diversamente. Se Bersani si fosse dimesso dopo il risultato elettorale deludente lo avremmo accusato di codardia: il capitano che abbandona la nave in avaria. Si è giustamente assunto le responsabilità che gli derivavano dal mandato delle primarie. Poi di può discutere su come revisionare il meccanismo delle primarie.
    Forse si poteva osare di più affidando un mandato a Bersani e provare ad andare in parlamento a contare i voti che avrebbe preso. Sulla carta non li aveva ed era troppo rischioso, anche se poi si è visto che i numeri cambiano come meno te lo aspetti.
    Bersani indiscutibilmente aveva un ottimo programma di governo e io stimo molto la persona determinata e tecnicamente competente

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  2. Un commento su quello che avviene oggi. Io sono sempre stata contraria al governo con il PdL di Berlusconi. Purtroppo dobbiamo ingollare l'amato boccone perché i dati di fatto ci dicono che l'Italia e' divisa in tre fazioni. Spero solo che si eviti di affidare la Giustizia, l'istruzione ed il lavoro a rappresentanti del PdL sarebbe veramente incomprensibile, la prova che abbiamo ceduto a ricatti e pressioni.
    Per quanto riguarda la fase congressuale credo ci sia bisogno di raccogliere pezzi e mettere insieme nuove idee. Adesso però siamo abbagliati e disorientati dal modo in cui sono precipitati gli avvenimenti. Occorrono forze nuove ma competenti, fino adesso abbiamo solo cercato forze nuove che non hanno retto alla prova. Occorre più coesione questo e' fondamentale.

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